L’allergia al nichel è la forma più diffusa di allergia dovuta all’esposizione ad un allergene da contatto. Le reazioni allergiche associate all’esposizione al nichel si manifestano come delle dermatiti allergiche da contatto (DAC) o anche mediante una sindrome da allergia sistemica al nichel (SNAS), i cui sintomi sono anche non cutanei, come asma, riniti, cefalea, diarrea, stipsi, sensibilità chimica e meteorismo principalmente.
Dai dati presenti in letteratura sembra che la prevalenza dell’allergia al nichel possa variare nei diversi studi e popolazioni selezionate, che recentemente sembra anche essersi ulteriormente accentuata, fattore contemporaneamente associato ad un aumento della pratica del piercing [2, 3]. Nel 2004, uno studio statistico condotto in più centri di ricerca sotto la supervisione generale della ESSCA (European Surveillance System of Contact Allergy), ha stimato una prevalenza nella popolazione generale europea che si aggira attorno al 20%, confermando anche precedenti studi epidemiologici [4]; inoltre, dai risultati di questo studio sembra che in Italia, la prevalenza di soggetti allergici al nichel potrebbe essere ancora maggiore (32,1%) [5]. Nei pazienti pediatrici la prevalenza è del 15-16%. Sebbene la sensibilizzazione sia più comune in adolescenza e nella terza decade di vita, ma in ogni caso una volta avvenuta la sensibilizzazione l’allergia persiste per tutta la vita [1, 7–9]. Dai risultati preliminari derivanti dall’analisi di due studi norvegesi sembra che le donne sono più colpite rispetto agli uomini, in particolare con un rapporto compreso tra 3: 1 e 14: 1. [6] Nel sesso maschile l’esposizione professionale (ovvero al lavoro) risulta essere il fattore principale correlato alla sensibilizzazione.
Il contenuto in nichel degli alimenti varia tra regione a regione e può dipendere dalla composizione del terreno, dall’uso o meno di fertilizzanti sintetici e pesticidi, dalla contaminazione dello stesso da parte di rifiuti industriali e urbandi, dalla distanza dei terreni di coltura dalle fonderie e da ancora altri fattori. Inoltre, il contenuto di nichel negli alimenti varia anche in base al clima e alla stagione: in particolare sembra che sussista un aumento della concentrazione di nichel in frutta e verdura in primavera e in autunno, mentre tali concentrazioni diminuiscono di estate [11]. Per questi motivi, i dati sul contenuto di nichel nei singoli alimenti spesso sembrano variare a seconda delle fonti e le differenze a volte sono significative, come accade anche per altri minerali ed anche per alcune vitamine, come la vitamina C e il contenuto in manganese nelle verdure.
Oltre a questi fattori “interni” agli alimenti, il contenuto di nichel assunto con la dieta può essere influenzato da altri fattori come l’acqua bevuta (in particolare bere la prima acqua che esce dai rubinetti al mattino), il tipo di rubinetto dell’acqua potabile, il bere a stomaco vuoto ed anche il bere acqua calda o fredda [12]. Secondo alcuni autori, ancora, l’utilizzo di pentole e utensili in acciaio inossidabile, ed anche l’utilizzo di pentole usate o nuove, in particolare quando si cucinano cibi acidi, e di cibi conservati in scatola, soprattutto se acidi, posso essere fattori rilevanti. Sempre meglio consumare conserve in vetro.
Di conseguenza sembra che la contaminazione da nichel possa essere ulteriormente aumentata dal processo di preparazione, anche se è un argomento ancora controverso e secondo alcuni autori il contributo di acqua, pentole, padelle e utensili da cucina all’apporto giornaliero di nichel sarebbe alquanto trascurabile [13, 14].
E’ indubbio che il contenuto di nichel derivante da alcuni metodi di cottura, come l’uso di pentole già utilizzare è sicuramente molto inferiore a quello di alcuni cibi, come ad esempio il cioccolato, ciononostante la controversia si basa sulla considerazione che queste quantità potrebbero essere comunque influenti dal punto di vista sintomatologico e dalla continuità o meno dell’esposizione.
Infine, non va dimenticato il contributo variabile del fumo di sigaretta, poiché una sigaretta può contenere 1-3 µg di nichel, la quale apporta anche una formulazione di nichel cancerogena[8, 15, 16]. I referti dietetici e i professionisti spesso non menzionano mai l’utilità di astenersi dal fumare sigarette, nonostante quanto appena sostenuto viene ulteriormente “aggravato” dall’evidenza secondo cui una grave esposizione al fumo di sigaretta costituirebbe un potenziale fattore scatenante per manifestazioni di iperreattività e sensibilizzazione chimica in persone già sensibilizzate al nichel[7, 16].
Nel nostro studio medico si eseguono mirati test e si impostano adeguate e personalizzate impostazioni nutrizionali, con programmi di desensibilizzazione e detossificazione.
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