L’artrite reumatoide è una malattia cronica che provoca dolore, tumefazione e rigidità articolare con limitazione del range del movimento e della funzione delle articolazioni. Come abbiamo visto in un precedente articolo, un eccellente lavoro condotto da alcuni ricercatori italiani ha permesso di identificare una vera e propria piramide alimentare utile nel controllo sintomatologico della malattia. Per una lettura esaustiva dell’articolo e per comprendere i precisi meccanismi sottostanti la dietoterapia in questi casi, rimandiamo sicuramente alla lettura del suddetto articolo [2].
In questa sede invece riportiamo una sintesi in merito a come i nutrienti siano implicati nel controllo proprio dello stato infiammatorio dei pazienti affetti da artrite reumatoide.
MACRONUTRIENTI NELLA DIETA PER L’ARTRITE REUMATOIDE
Ricordiamoci sempre che quando si parla di regimi alimentari, non conta tanto il ruolo di un singolo nutriente, quanto piuttosto il bilanciamento della dieta in generale. A tal proposito, il modello alimentare associato ai migliori effetti sul controllo dei sintomi dell’artrite reumatoide è la dieta mediterranea, che risulta essere efficace anche nel contenimento delle comorbilità associate a tale malattia, come il diabete e la sindrome metabolica [2].
La classica impostazione dei macronutrienti di una dieta mediterranea prevede un intake di carboidrati totali che sia compreso fra il 45-60 % delle Kcal totali della dieta, e un intake di grassi totali compreso fra il 25-20% delle Kcal totali, con una percentuale di grassi saturi che non dovrebbe mai superare il 10% delle Kcal totali ed una di zuccheri semplici, che non dovrebbe mai superare il 15% delle Kcal totali della dieta [2].
Di conseguenza, queste quantità di carboidrati e grassi sono consigliabili anche nei soggetti affetti da artrite reumatoide, anche se ovviamente tali informazioni si riferiscono ad una popolazione generale e non per forza ogni paziente potrebbe beneficiare di tali rapporti di macronutrienti.
Per quanto riguarda le proteine invece sussistono delle differenze rispetto alle diete tipicamente mediterranee:
In considerazione di un’alta percentuale di sarcopenia in pazienti AR (compresa tra il 25 e il 43%), si consiglia una quota proteica di 1-1,2 g/kg/peso corporeo, simile a quanto raccomandato nella prevenzione di questa condizione fisiopatologica come riportato nelle linee guida della Società Europea di Nutrizione Artificiale [4, 8] e nel position paper del gruppo di studio PROT-AGE [2, 3].
Ovviamente, a prescindere dei rapporti tra i macronutrienti, è sempre importantissimo evitare un aumento di peso, poiché sovrappeso e obesità sono associati ad un peggioramento della sintomatologia correlato al fenotipo proinfiammatorio tipico di questi soggetti, pecie nell’ unhealty obese [2, 4].
OMEGA 3, VITAMINA D NELLA DIETA PER L’ARTRITE REUMATOIDE
In letteratura ancora oggi sussiste un dibattito in merito ai livelli ottimali di assunzione dei micronutrienti, poiché i fabbisogni raccomandati per la popolazione generale hanno come obiettivo evitare le conseguenze delle carenze gravi: ad esempio il PRI (il livello di assunzione raccomandabile per la popolazione generale) per la vitamina C, non ci indica quanto acido ascorbico dovremmo assumere per avere livelli ottimali, ma solo il minimo necessario per evitare lo scorbuto.
Consigliare di raggiungere valori maggiori è sicuramente poco generalizzabile e dipende per lo più dai casi singoli, ciononostante è bene ricordare che qualunque carenza di nutrienti indebolisce il sistema immunitario e quindi si consiglia sempre di soddisfare i fabbisogni di ogni micronutriente.
Per una lettura approfondita di come ogni micronutriente possa essere implicato nel management della malattia e dei valori consigliati, rimandiamo sicuramente alla lettura dell’articolo. Qui invece riportiamo due casi: quello degli omega 3 e della vitamina D.
Dalla revisione sistematica condotta, si evince come il consumo di omega 3 possa migliorare significativamente i marker legati all’infiammazione, riducendo i leucotrieni del tipo B4 [5]. In particolare, sembra anche che quantità di omega 3 > 2,7 g/die per un periodo di tempo superiore ai 3 mesi, riducono il consumo di FANS da parte dei pazienti [2, 6].
Basse concentrazioni di 25(OH)D, il principale precursore della vitamina D, possono essere associati a condizioni di dolore in questi pazienti, ed inoltre, è stata rilevata una maggiore prevalenza di osteoporosi nei pazienti con AR. Per quanto riguarda i benefici clinici dell’integrazione di vitamina D sulle malattie reumatiche, una meta-analisi ha dimostrato una tendenza alla riduzione dell’attività della malattia reumatica nei soggetti integrati, con anche una possibile riduzione della sua ricorrenza [7]. Proprio per questo è opinione degli autori della review che la valutazione dei valori ematici di vitamina D (25(OH) D3) debba essere routinaria nei pazienti con AR, e l’integrazione deve essere effettuata considerando i valori ematici per il dosaggio [2, 8].
CONCLUSIONI
Per chi volesse approfondire l’argomento si consiglia ancora una volta la lettura dell’articolo da cui è stato tratto questo ciclo di approfondimenti sull’artrite reumatoide [2]. Noi invece possiamo trarre una semplice conclusione: anche in questi casi, così come per tutti, non è importante assumere particolari alimenti o nutrienti, ma seguire uno stile di vita nel suo complesso salutare, basato sulla dieta mediterranea e personalizzato sulla base delle necessità di ogni individuo.
Nei pazienti affetti da artrite reumatoide bisogna fare attenzione anche a consumare alimenti ottimi di per sé per la nostra salute, come la frutta secca, la frutta e la verdura, olio EVO, legumi e cibi integrali ed inoltre sembra essere ottimale un fabbisogno di proteine superiore a 1,2 g/Kg di peso corporeo [2]. Però ricordiamo ancora l’importanza dell’approccio olistico, consumare questi alimenti nel contesto di una dieta generalmente sbilanciata non è sufficiente.
Per chi fosse interessato nel nostro studio è possibile eseguire il test della bilancia ossidativa ed altri esami diagnostici che permettono di ottimizzare il trattamento sia nutrizionale che terapeutico.
BIBLIOGRAFIA
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