Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo [2]. Siamo infatti di fronte a una vera e propria epidemia globale, che si sta diffondendo in molti Paesi e che può causare, in assenza di un’azione immediata, problemi sanitari molto gravi nei prossimi anni.

L’obesità si caratterizza per un eccessivo accumulo di grasso corporeo, in genere causato da un insieme di diversi fattori, fra quelli genetici a quelli ambientali, nei quali però l’ alimentazione e più in generale lo stile di vita giocano un ruolo molto importante.

Proprio per descrivere la correlazione fra obesità e invecchiamento, la comunità scientifica ha coniato il termine adipaging, di cui stiamo trattando in una recente serie di articoli sul tema.

Da ormai molti anni si sa che la restrizione calorica, in soggetti obesi, induce effetti positivi sulla salute, ma da alcuni anni si sa anche che questa agisce anche nel promuovere un invecchiamento di successo!

In questo articolo, approfondiamo questo affascinante tema!

Restrizione calorica e della perdita di adiposità nel processo di invecchiamento

La recente epidemia di obesità, suggerisce che l’apporto calorico contribuisca in modo significativo ad un aging non di successo e a ridurre le aspettative di vita (adipaging) [3, 4]. In questo contesto, la restrizione calorica ha un effetto opposto sull’adipaging, riducendo l’invecchiamento e migliorando l’omeostasi del glucosio.

Dai dati emersi dalle ultime recensioni pubblicate in letteratura [3, 4, 5] si evince quanto segue:

(i) gli esperimenti di restrizione calorica nei roditori per valutare gli effeti di i si sono dimostrati affidabili nel mostrare un beneficio complessivo dose-risposta sulla durata della vita; Infatti, in specie caratterizzate da una vita breve, come ad esempio i roditori, la restrizione calorica, intesa come la riduzione dell’intake energetico giornaliero dal 30% fino al 50% senza causare malnutrizione, può aumentare la durata massima della vita, fino a circa il 50% [3, 4, 5].

(ii) Infatti, gli effetti della restrizione calorica sull’aumento della aspettativa di vita e su alcuni dei fenomeni che caratterizzano l’invecchiamento (adipaging), sono stati studiati in diverse specie come lievito, artropodi, piccoli mammiferi pesci e scimmie [6]. Nel complesso, questi studi, seppur ancora preliminari negli organismi più complessi, indicano che tale pratica aiuta non solo a rallentare il processo di invecchiamento, ma aiuterebbe anche a combattere il decadimento cognitivo [6]. Infine, l’omogeneità di tali risultati in diverse specie, indicherebbe che questo intervento potrebbe aumentare la longevità anche nell’uomo, seppur ovviamente con effetti di magnitudine e qualità diversi dai modelli animali [3, 4, 5].

(iii) In quasi tutti gli studi analizzati, gli animali sottoposti a restrizione calorica sembrano in salute fino a tarda età, cioè non solo hanno una durata di vita più lunga, ma anche una “durata della salute” più lunga (sucessfull aging) [3, 4, 5].

E’ bene sottolineare una parte della comunità scientifica ritiene tali pratiche rischiose, soprattutto per il rischio di fragilità [5] e proprio per questo ricordiamo l’importanza di mettere in atto protocolli di restrizione calorica solo sotto supervisione di un esperto del settore. Ciononostante, è chiaro come tale pratica sia generalmente consigliata ancor di più nell’obesità.

I meccanismi che correlano l’adipaging con l’obesità sono ancora poco chiari, ma si sa che uno degli effetti principali della restrizione calorica nell’obesità è proprio la riduzione del grasso viscerale [3].

Negli esseri umani, l’obesità generale e addominale è associata a un maggior rischio di mortalità negli adulti di età inferiore ai 65 anni e l’associazione sembra più forte se a tale condizione si associano misure del grasso addominale o più in generale della massa grassa particolarmente alte [3, 6]. In un campione di oltre 100.000 donne di età compresa fra i 30 e i 55 anni, prive di CVD e tumori noti, anche un modesto aumento di peso durante l’età adulta, indipendente dall’attività fisica, è stato associato a un maggior rischio di morte [3, 7]. Infine, negli adulti obesi, la perdita di peso intenzionale può essere associata a una riduzione del ∼15% della mortalità per tutte le cause, come dimostrato da una recente meta-analisi di 15 studi randomizzati e controllati che hanno incluso un totale di oltre 17.000 partecipanti (53% donne e 47% uomini) con un’età media di 52 anni [3, 8].

BIBLIOGRAFIA

  1. Galimberti D et al. Nutrigenomica e Epigenetica: dalla biologia alla clinica, 2017 Edra Ed.
  2. https://www.who.int/health-topics/obesity
  3. Pérez LM, Pareja-Galeano H, Sanchis-Gomar F, Emanuele E, Lucia A, Gálvez BG. ‘Adipaging’: ageing and obesity share biological hallmarks related to a dysfunctional adipose tissue. J Physiol. 2016 Jun 15;594(12):3187-207. doi: 10.1113/JP2716 91. Epub 2016 May 10. PMID: 26926488; PMCID: PMC4908019.
  4. Barzilai N & Bartke A (2009). Biological approaches to mechanistically understand the healthy life span extension achieved by calorie restriction and modulation of hormones. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 64, 187–191 
  5. Pifferi, Fabien, and Fabienne Aujard. “Caloric restriction, longevity and aging: Recent contributions from human and non-human primate studies.” Progress in neuro-psychopharmacology & biological psychiatry vol. 95 (2019): 109702. doi:10.1016/j.pnpbp.2019.109702 
  6. Kuk JL & Ardern CI (2009. b). Influence of age on the association between various measures of obesity and all‐cause mortality. J Am Geriatr Soc 57, 2077–2084. 
  7. Hu FB, Willett WC, Li T, Stampfer MJ, Colditz GA & Manson JE (2004). Adiposity as compared with physical activity in predicting mortality among women. N Engl J Med 351, 2694–2703. 
  8. Kritchevsky SB, Beavers KM, Miller ME, Shea MK, Houston DK, Kitzman DW & Nicklas BJ (2015). Intentional weight loss and all‐cause mortality: a meta‐analysis of randomized clinical trials. PLoS One 10, e0121993.