L’infiammazione è una complessa risposta biologica dei tessuti vascolarizzati a stimoli ambientali dannosi, come infezioni dovute ad agenti microbici, o meccanismi provocati da traumi. Una significativa morbilità e mortalità si verificano quando le risposte infiammatorie diventano eccessive, portando alla cosiddetta “tempesta di citochine” e ad una vera e propria “paralisi” dell’immunità cellulo-mediata.
La tempesta di citochine è la principale causa di mortalità e morbilità dei pazienti ricoverati in unità di terapia intensiva a seguito di shock settico, lesioni o traumi post-chirurgici. L’eccessivo rilascio di citochine da parte di individui iper-reattivi è comune anche nei pazienti COVID-19 [2, 3]. Pertanto, il mantenimento del controllo dell’omeostasi immunitaria è un fattore chiave nella protezione contro qualsiasi squilibrio fisiologico indotto da agenti patogeni [2].
Fra le possibili terapie proposte per prevenire o diminuire la violenza di questo fenomeno cellulare vi sono farmaci steroidei e non non steroidei, radiazioni a basso dosaggio, plasma iperimmune, molecole capaci di inibire l’interleuchina 6, alcune vitamine, e probiotici ed altri nutraceutici.
La lattoferrina è una sostanza immunomodulante che ha la capacità di contrastare le risposte immunitarie eccessive e anche di facilitare lo sviluppo dell’immunità adattativa [2]. Questa sostanza viene naturalmente prodotta da noi, ma in letteratura è stata avanzata l’ipotesi secondo cui potrebbe essere utile in alcuni contesti una sua integrazione. Infatti, ad oggi, numerosi gruppi di ricerca hanno ipotizzato un possibile utilizzo di questa molecola nel trattamento del COVID 19: Alkhazindar e collaboratori, hanno sostenuto i possibili benefici della lattoferrina per indurre un miglior controllo delle risposte afferenti all’immunità naturale del virus SARS-CoV-2 [2, 4]. Wang, et al [2, 5] sostengono che tale molecola potrebbe essere un utile coadiuvante nella terapia dell’infezione da coronavirus, agendo come antinfiammatorio, antinfettivo e immunoregolatore. Ancora, Chang, et al., hanno suggerito che la lattoferrina possa servire ad aumentare direttamente i meccanismi antivirali intracellulari [2, 6].
Per fare chiarezza su questa questione molto delicata però occorre fare un po’ di contesto ed analizzare quanto è stato pubblicato e revisionato in tema.
RAZIONALE BIOCHIMICO
Esistono numerosi effetti biologici che giustificherebbero l’utilizzo di questa molecola nel trattamento e nel rinforzo delle difese individuali verso le infezioni.
In virtù della sua capacità di sequestrare il ferro, questa molecola attenuerebbe la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e il successivo stress ossidativo, che può portare alla “tempesta di citochine”[2].
Ancora, come abbiamo visto in un precedente articolo, questa molecola ha mostrato in vitro la capacità di inibire il legame del virus con ACE2 tramite una interazione non specifica con alcuni proteoglicani di superficie [7].
Alcuni gruppi di ricerca hanno dimostrato che questa molecola (sia quella derivata dai bovini che quella umana ricombinante) aumenta in modelli animali l’efficacia dei vaccini promuovendo risposte linfocitarie sia T che B [2, 8, 9, 10].
In virtù di tutti questi effetti, la lattoferrina esogena somministrata alla popolazione potrebbe essere di grande beneficio per migliorare il titolo anticorpale e migliorare generalmente la funzionalità della risposta immunitaria al virus.
STUDI SU MODELLI ANIMALI
Esistono prove nel loro complesso positive in modelli animali:
Alcuni studi preliminari hanno dimostrato che il trattamento precoce di alcuni topi con lattoferrina preveniva l’insorgenza di livelli sierici elevati di fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) indotti dai lipopolisaccaridi (LPS) esercitando generalmente un effetto che sembra preventivo verso un aumento dei livelli sierici di IL6, sia in ambito preventivo che terapeutico. Ancora, sembra che la lattoferrina eserciti un ulteriore effetto protettivo nei casi di endotossemia, mediante l’induzione dell’espressione di IL 10 [2].
Una somministrazione intra-tracheale di lattoferrina in aerosol in topi infettati da Pseudomonas aeruginosa ha prevenuto l’infiammazione polmonare acuta e cronica mediante una significativa riduzione delle citochine proinfiammatorie nel liquido broncoalveolare (BALF) e dell’infiltrazione dei neutrofili nei tessuti infetti [2]. Ancora, la somministrazione della lattoferrina ha attenuato anche l’infiammazione polmonare risultante dal virus dell’influenza. È interessante notare che gli effetti antivirali della lattoferrina sui topi anziani non differivano da quelli riscontrati negli animali giovani.
Esiste la possibilità che la ventilazione prolungata di pazienti affetti da coronavirus con atmosfera arricchita di ossigeno possa danneggiare le cellule epiteliali polmonari [2, 11]. Pertanto, di particolare importanza sono i risultati che indicano che la lattoferrina può ridurre significativamente il danno polmonare dei topi esposti all’iperossia [2].
STUDI CLINICI
In uno studio atto a determinare la rilevanza clinica per l’uso della lattoferrina nel trattamento della sepsi ha concluso che il suo utilizzo induce un aumento della produzione di IFN-γ e IL-2, con una contemporanea diminuzione di IL-6, TNF-α, IL-1β, IL-12p40 e IL-10.
Ancora, sembra che la lattoferrina potrebbe regolare la produzione di IL-6 e TNF-α in pazienti settici e traumatizzati [2].
Va anche menzionata la capacità della lattoferrina di inibire l’aggregazione piastrinica che potrebbe essere utile come trattamento, sempre e solo a fianco delle cure convenzionali, dei fenomeni di micro-coagulazione; una delle principali cause di insufficienza d’organo [2].
Poiché i livelli sierici di IL-6, insieme a IL-10, rappresentano solo uno dei marker della risposta dell’ospite al virus COVID-19, non è chiaro se un over-espressione di queste citochine sia un fattore negativo, o piuttosto un indice di un loro potenziale ruolo protettivo. Pertanto, potrebbe non essere consigliabile bloccare completamente l’attività di IL-6. Infatti, quello che conta non è inibire o stimolare queste molecole, ma generalmente mantenere i loro livelli di espressione sotto controllo:
A tal proposito, in uno studio clinico condotto su soggetti volontari la produzione di citochine è stata misurata prima del trattamento, il giorno 1 e il giorno 14 dopo il trattamento. I soggetti sono stati divisi in categorie di risposta bassa, moderata e alta, in base ai livelli di produzione di TNF-α dopo il trattamento con la lattoferrina. Lo studio ha rivelato che la produzione di IL-6 è aumentata nei soggetti che manifestavano basse risposte, ma è diminuita in quelli che manifestavano alte risposte, raggiungendo lo stesso livello di reattività in entrambe le categorie il giorno 14 [2].
Ancora, in un altro studio la lattoferrina è stata in grado di ridurre o abolire l’eccessiva espressione delle citochine, riducendo la gravità della patologia polmonare causata dal Mycobacterium tuberculosis. Nello studio è stata riscontrata riduzione diretta di IL-1β, IL-6 e TNF-α dopo il trattamento con lattoferrina, mentre i livelli di IL-10 e TGF-β sono stati mantenuti sotto controllo o addirittura sono aumentati [2].
Per questi motivi, sembra proprio che questa molecola possa esercita un’azione regolatoria sull’attivazione immunitaria e di almeno alcune di queste molecole [2].
STUDI CLINICI SU LATTOFERRINA E MICROBIOTA INTESTINALE
Una buona salute è generalmente associata ad una microflora intestinale in salute, tanto che la sua composizione potrebbe potenzialmente influenzare il decorso critico dell’infezione da SARS-CoV-2 o dei pazienti traumatizzati [2, 12, 13]. Alcuni ricercatori rivolgono l’attenzione verso il mantenimento di un corretto funzionamento dell’asse microbiota-intestino-fegato-polmone, fornendo prove preliminari che i disturbi in questo asse possono essere collegati all’infezione da COVID-19 e in questo è particolare notare che gli enterociti sono particolarmente suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 [2, 14, 15].
In questo contesto, è importante sottolineare che le azioni preventive e terapeutiche della lattoferrina sono dirette sia alla protezione dell’integrità dello strato mucoso intestinale che alla composizione della microflora. Un interessante studio è stato condotto su volontari che hanno ricevuto lattoferrina per due periodi di 2 settimane ciascuno e separati da 2 settimane di riposo. Gli autori hanno riscontrato effetti benefici di LF sul volume delle specie batteriche positivamente associate alla salute e una minore espressione del marcatore di attivazione CD69 sulle cellule CD4 +, un biomarkers dell’infiammazione [2, 16].
Pertanto, l’applicazione di preparati nutraceutici contenenti lattoferrina, che mostrano effetti benefici sulla fisiologia umana e sul microbiota intestinale, potrebbero essere utili in taluni contesti come misura preventiva per ottimizzare la funzione del sistema immunitario [2].
STUDI CLINICI NEL CASO DEI CORONAVIRUS
Ora che abbiamo esposto gli effetti biologici, gli studi sui modelli animali e quelli umani su diverse condizioni patologiche, andiamo a vedere se esistono studi revisionati proprio sulle infezioni da SARS CoV 2. A tal proposito esiste una revisione sistematica [17] di cui vi consigliamo la lettura.
In sintesi tale revisione conclude quanto segue:
Esistono solo due studi clinici che hanno arruolato e trattato pazienti con COVID-19 [18, 19], di cui uno è ancora in pre-print [18]. In questi studi la dose giornaliera di lattoferrina variava da 20-30 mg a 1 g. Uno studio [17, 19] ha riportato un miglioramento dei sintomi e nessun effetto collaterale. L’altro [17, 18] ha confrontato la lattoferrina con diversi gruppi di trattamento (standard di cura, nessuna terapia e volontari sani) e ha riscontrato una significativa diminuzione della durata mediana della conversione negativa dell’RNA rRT-PCR SARS-CoV-2 sia nel gruppo trattato con lattoferrina associata a una terapia standard, che in quello trattato solo con la lattoferrina e nessun’ altra terapia. Nello studio in pre print, alcuni esiti immunologici sono migliorati nel gruppo integrato con lattoferrina (IL-6, D-Dimero), ma altri no (TNF-⍺, Il-10, adrenomedullina) [17, 18].
Ad oggi esistono solo due studi clinici che hanno studiato gli effetti della lattoferrina sulle infezioni da coronavirus. Considerando che molti studi in vitro hanno riportato che questa molecola può contrastare l’ingresso del coronavirus nelle cellule ospiti legandosi direttamente alle particelle virali o bloccando il recettore del virus o il co-recettore presente sulla cellula ospite [17, 20, 21]. Ciononostante è doveroso sottolineare che le prove che abbiamo raccolto in termini di benefici sono ancora limitate. Tuttavia, è altrettanto doveroso sottolineare che sono stati riportati alcuni risultati incoraggianti [17, 18, 19], soprattutto in relazione alla diminuzione della gravità e della durata dei sintomi che, insieme alla tolleranza ottimale costantemente menzionata negli studi, possono rendere la supplementazione di questa molecola un’area interessante per ulteriori indagini.
Bisogna però dire che è stata riscontrata eterogeneità nei protocolli di reclutamento e trattamento, limitando ampiamente la comparabilità dei risultati e l’opportunità di fornire una sintesi quantitativa anche all’interno della stessa famiglia virale. Inoltre, la scarsa qualità metodologica degli studi inclusi rende difficile estrapolare risultati validi per la popolazione generale.
Pertanto, sono necessari studi clinici meglio progettati:
- utilizzando un dosaggio giornaliero prestabilito comune
- per un periodo di tempo ben definiti
- in grandi gruppi omogenei controllati con placebo sono necessari per studiare ulteriormente il ruolo della glicoproteina nella gestione delle infezioni virali.
CONCLUSIONI
Per concludere, vi sono prove a favore di un ruolo protettivo della lattoferrina, sia da studi in vitro, che su modelli animali e sulla base di alcuni studi clinici condotti su patologie e/o condizioni fisiopatologiche che condividono con il Covid 19 alcuni fattori in grado di indurre tempesta citochinica. Questa molecola si è dimostrata in grado di:
- Promuovere una azione adeguata, ma non esagerata dei meccanismi infiammatori in risposta alle infezioni virali, regolando quindi l’attività delle citochine coinvolte in questo processo
- Promuovere il mantenimento di un maggior titolo anticorpale ed una migliore immunità cellulo-mediata in seguito alla vaccinazione.
Per questi motivi la lattoferrina potrebbe essere una molecola davvero molto utile nel COVID 19, soprattutto in considerazione delle nuove varianti del SARS CoV2 che stiamo imparando a conoscere in questi anni.
Tuttavia, nonostante il suo profilo relativamente sicuro, i risultati degli studi clinici sulla sua integrazione per via orale sono ancora parziali e sono necessari ulteriori studi in merito ai benefici della somministrazione orale di Lattoferrina in relazione alle infezioni virali, incluso, e quindi non solo, SARS-CoV-2.
Per questo motivo, eventuali protocolli di integrazione dovrebbero essere sempre caso-specifici e prescritti da personale qualificato ed opportunamente formato.
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