Indolo-3-carbinolo, sulforafano e diindolilmetano sono alcune delle componenti benefiche di queste verdure. Scopriamole insieme!

Cosa si nasconde dietro a questi strani termini apparentemente complessi? Si tratta dei principi bioattivi contenuti in verdure assai comuni sulla vostra tavola: le crucifere. Tra le più comuni crucifere sono da ricordare il cavolfiore, i cavolini di Bruxelles, il cavolo, il cavolo cappuccio, il cavolo nero, la verza, i broccoletti di rapa e i broccoli.

L’indolo-3-carbinolo e il sulforafano inducono un arresto della crescita delle cellule tumorali. Inoltre, se associati al diindolilmetano, modulano il metabolismo degli estrogeni.

Avrete sicuramente sentito parlare di colesterolo “buono” (HDL) e “cattivo” (LDL). Il primo protegge e contrasta le malattie cardiovascolari, il secondo le favorisce. Con l’alimentazione e con l’attività fisica, oltre che con medicinali o integratori, se ne possono modulare le concentrazioni, abbassando quello dannoso e aumentando quello protettivo.

Lo stesso concetto vale anche per gli estrogeni, ormoni tipicamente femminili, ma presenti anche nell’uomo. Esistono, infatti, degli estrogeni buoni, su tutti l’estriolo, che hanno azione antiproliferativa. Questi estrogeni contrastano quindi l’insorgenza dei tipici tumori ormono-sensibili della donna e dell’uomo, ovvero mammella, utero, ovaio e prostata. Sono presenti però anche degli estrogeni cattivi, in particolare l’estrone. Questi possono favorire fenomeni proliferativi, con aumento del rischio di questi stessi tumori.

Come esistono esami che consentono di vedere il rapporto, cioè l’equilibrio, tra il colesterolo buono e quello cattivo, lo stesso vale per gli estrogeni. Si può infatti effettuare un test delle urine (ESTRAMET test urinario), in cui si dosano questi estrogeni buoni e cattivi e si valuta se sono in equilibrio o meno .

Vari studi clinici hanno dimostrato come il rapporto tra questi tipi di estrogeni fornisca una nuova importante informazione relativa al rischio, ad esempio, di poter contrarre il tumore della mammella piuttosto che dell’ovaio o della prostata.

Una volta compreso questo rischio, ecco che entrano in gioco le verdure crucifere, in grado di favorire un riequilibrio della situazione, determinando la riduzione degli estrogeni cattivi a favore di quelli buoni.

Inoltre, questi nutrienti favoriscono i processi di detossificazione, risultando in grado di neutralizzare e degradare sostanze dannose eventualmente introdotte con l’alimentazione. Tra queste sostanze ci sono gli additivi e i pesticidi, gli inquinanti ambientali e gli xenobiotici alimentari. Tali sostanze sono veri e propri vitageni, ovvero modulatori dell’espressione genica: dicono al DNA cosa fare, quali geni accendere e quali silenziare.

Le crucifere contengono anche elementi fondamentali per il buon funzionamento del vostro tratto gastro-enterico, risultando utili per stimolare e supportare l’azione del fegato e del microbiota intestinale.

Non è da trascurare, poi, il loro contenuto di antiossidanti e folati, necessari per il compimento di alcuni importanti processi, tra cui il metabolismo dell’omocisteina. La presenza di elevati livelli di omocisteinanel sangue, contrastata dalle crucifere, è considerata un fattore di rischio per l’insorgenza di patologie cerebrovascolari, in primis l’ictus.

Infine, i costituenti delle verdure crucifere, quali il sulforafano, sono in grado di inibire l’adipogenesi e, interagendo con il DNA, attivare particolari fattori di trascrizione utili per il controllo del peso. Pertanto, risultano essere in grado di indurre attività anti-obesogena, inibendo l’adipogenesi e sopprimendo la lipogenesi mediante l’attivazione del percorsi nutrigenetici.

Le verdure crucifere sono quindi annoverate tra gli ortaggi più utili per aiutare il vostro organismo nello svolgimento dei suoi processi metabolici, depurativi e di eliminazione delle tossine.

Tuttavia, bisogna fare attenzione a come cucinarle. Se vengono cotte troppo, tutti i nutrienti passano nel brodo di cottura e si disperdono, perdendo di efficacia. Vanno quindi cotte nella pentola a pressione, fatte scottare o saltare brevemente in padella, meglio ancora consumate crude e come germogli.

Solo coloro che hanno problemi tiroidei non devono esagerare con l’assunzione di queste verdure, per tutti gli altri non c’è alcun pericolo!

Cosa aspettate? Riempite il vostro carrello di crucifere, e cercate di assumerle almeno quattro volte alla settimana.

Il potenziale ruolo dell’Indolo 3 Carbinolo nell’infezione da SARS CoV2

Ad oggi non esistono farmaci specifici efficaci nella terapia del COVID-19 e secondo alcuni la conoscenza dei target farmacologici della cellula ospite necessari al virus per replicarsi potrebbe condurre a notevoli progressi nella terapia di questa sindrome. Di conseguenza, anche se non hanno direttamente una validità clinica, non bisogna sottovalutare le evidenze in vivo e in vitro che, se poste nella giusta prospettiva, possono fornire ai ricercatori interessanti spunti per progettare in modo più accurato e preciso i trials clinici per la validazione di nuove terapie farmacologiche. 

L’ indolo 3 carbinolo (I3C) sembra essere in grado di agire come modulare i meccanismi dell’immunità innata che entrano in gioco in corso di infezione da SARS CoV-2

Partiamo dal razionale biomolecolare sottostante:

Da evidenze in vitro e su alcuni modelli animali sembra che i membri della famiglia della ligasi HECT-E3 come NEDD4 e WWP1 interagiscono con la proteina SARS-CoV-2 Spike stimolandone il processo di ubiquitinazione. Con il termine ubiquitinazione ci si riferisce alla modificazione post-traduzionale di una proteina che solitamente porta alla sua degradazione. Questo naturale meccanismo di difesa, in alcuni soggetti va fuori controllo: si potrebbe quindi in queste persone manifesta la cosiddetta tempesta di citochine, ovvero una iperattivazione delle molecole segnalatrici dell’immunità (le citochine) il quale può causare fenomeni cellulari più dannosi che protettivi, i quali sono associati alla sindrome da distress respiratorio acuto, tipica dei soggetti in condizioni critiche affetti dal virus SARS CoV 2.

In linea con i dati sull’uomo, entrambe le proteine NEDD4 e WWP1 sono state viste essere espresse in modo significativamente maggiore nei polmoni di alcuni modelli murini affetti da SARS-CoV-2 [2].  

I membri della famiglia HECT svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione della risposta immunitaria innata, poichè come abbiamo visto prima di fatto ne sono degli attivatori. Quindi, sebbene la patogenesi di COVID-19 sia ancora oggetto di indagine e queste ad oggi sono poco più che semplici associazioni, è chiaro che tali meccanismi di difesa giocano un ruolo cruciale nell’infezione, essendo direttamente correlata con fenomeni come la tempesta di citochine

DI conseguenza, alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’inibizione di HEC indotta da I3C possa influenzare l’esito dell’infezione da COVID-19 in alcuni soggetti suscettibili, interagendo con i meccanismi di difesa antivirale dell’immunità innata, aiutando quindi a controllare iperattivazione che vi si instaura [2].  

Dai dati di una ricerca in vitro condotta dai ricercatori di Tor vergata, sembra che la molecola I3C possa essere utile quindi nella risposta immunitaria innata, suggerendo quindi che sia necessario condurre dei trials clinici sul suo potenziale utilizzo come terapia farmacologica almeno di tipo coadiuvante nei pazienti affetti da SARS CoV 2.. I3C è, infatti, ben tollerato sia nei modelli animali che negli studi di fase I clinici condotti su Homo sapiens, in particolare alle dosi risultate efficaci nei modelli cellulari in vitro. È quindi suggerito dagli autori dello studio che la molecola sia il prima possibile studiata in fase II sugli esseri umani, data l’urgenza di una terapia sintomatologica per questa malattia [2].  

Come già detto precedentemente questi studi sono ancora preliminari e non c’è ancora alcuni razionale di ricorrere ad integrazioni di I3C in caso di infezioni da SARS CoV 2. Ciononostante questi risultati sembrano particolarmente promettenti. Inoltre è ormai noto da tempo che malattie e/o condizioni di rischio cardiovascolare correlate con la nutrizione (come la sindrome metabolica, il diabete di tipo 2 e l’ipertensione) siano comorbilità del COVID 19 e che siano implicati anche nell’attivazione esagerata o meno dell’immunità innata. Di conseguenza è sempre consigliato seguire uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata per mantenersi in salute e minimizzare per quanto possibile la probabilità di incorrere in manifestazioni gravi del Covid 19.

BIBLIOGRAFIA

  1. Galimberti D et al. Nutrigenomica e Epigenetica: dalla biologia alla clinica, 2017 Edra Ed.
  2. Stresser DM, Williams DE, McLellan LI, Harris TM, Bailey GS. Indole-3-carbinol induces a rat liver glutathione transferase subunit (Yc2) with high activity toward aflatoxin B1 exo-epoxide. Association with reduced levels of hepatic aflatoxin-DNA adducts in vivo. Drug Metab Dispos. 1994 May-Jun;22(3):392-9. PMID: 8070315.