Ad oggi, diversi articoli in letteratura sostengono che una somministrazione di glutatione (GSH) e anche della sua molecola precursore N-acetilceisteina (NAC) possano essere dei potenziali coadiuvanti terapeutici per la gestione dello stress ossidativo legato alla COVID-19 [2].
Nel contesto delle infezioni virali, inoltre, sembra che trattamenti che potenziano i livelli di glutatione come N-acetilcisteina, acido alfa-lipoico o glutatione sublinguale o liposomiale nei pazienti con long COVID possa indurre ottimali benefici [4].
In questo artciolo andiamo ad approfondire il tema, spiegando quali sono i meccanismi molecolari implicati e quali sono le evidenze cliniche in merito
LE EVIDENZE BIOMOLECOLARI A SOSTEGNO DI UNA INTEGRAZIONE DI GLUTATIONE NEI SOGGETTI AFFETTI DA COVID19
Il GSH è un tripeptide mitocondriale ubiquitario pleiotropico composto da glicina, cisteina e glutammato, che agisce come antiossidante coinvolto nell’attenuazione dello stress ossidativo [3]. Il SARS-CoV-2 influenza i livelli intracellulari di GSH diminuendo la funzione dell’NRF2 intracellulare, che svolge un ruolo importante nella protezione delle cellule dal danno ossidativo attraverso la regolazione della produzione di GSH. Nelle cellule stressate, si verifica un rilascio di NRF2 che viene poi scortato dal citoplasma al nucleo da una proteina importina, la carioferina [3].
Il Coronavirus inibisce il processo di importazione nucleare mediato dalle carioferine, diminuendo così la produzione di GSH [3].
Ogni individuo ha un equilibrio ACE/ACE2 unico e può quindi essere più suscettibile all’infiammazione se prevale l’ACE. Nei casi correlati ai coronavirus, l’infezione da SARS-CoV-2 regola negativamente l’abbondanza di ACE2 sulla superficie delle cellule, come suggerito dall’evidenza. Il risultato è un sovraaccumulo tossico di ANGII, un’infiammazione esacerbata e, infine, una sindrome da distress respiratorio acuto e una miocardite fulminante Il rapporto subottimale tra ACE e ACE2 può quindi spiegare le risposte eterogenee all’infezione virale, giustificando anche un potenziale ruolo di alcuni polimorfismi legati al gene ACE. Ancora, gli studi suggeriscono che un delicato equilibrio disolfuro-tiolo è cruciale per l’ingresso e la fusione virale nella cellula ospite e lo stress ossidativo generato dai radicali liberi può influire negativamente su questo equilibrio [2].
L’attenzione si sposta in particolare sull’impatto degli antiossidanti, come NADPH e glutatione, e delle proteine redox, come la tioredoxina e la proteina disolfuro isomerasi, che mantengono l’equilibrio disolfuro-tiolo nella cellula. Tutte queste molecole potrebbero influenzare il legame della proteina virale con la proteina recettore ACE2 della cellula ospite e quindi avere un effetto sulla gravità dell’infezione da COVID-19 [2].
L’esacerbata produzione di ROS e uno sproporzionato equilibrio antiossidante/ossidante cellulare possono svolgere un ruolo importante nella patogenesi delle infezioni respiratorie, in particolare delle infezioni da SARS-CoV. Infatti, patologie come il cancro, il diabete mellito, le malattie cardiovascolari e le malattie renali croniche, comuni comorbilità del Covid 19, possono causare un aumento dello stress ossidativo [2].
La carenza di GSH è stata associata a una manifestazione clinica più grave del coronavirus [3]. I soggetti con ARDS sembrano avere una significativa carenza di GSH nel liquido di rivestimento epiteliale delle vie respiratorie. Questo gioca un ruolo nell’aumentare il carico ossidativo, inducendo l’infiammazione e l’edema polmonare [3].
LE EVIDENZE BIOMOLECOLARI A SOSTEGNO DI UNA INTEGRAZIONE DI GLUTATIONE NEI SOGGETTI AFFETTI DA COVID19
In uno studio randomizzato e controllato su pazienti con polmonite acquisita in comunità, la NAC utilizzata insieme alla terapia convenzionale ha dimostrato di ridurre la risposta infiammatoria dei pazienti rispetto alla sola terapia convenzionale Nei pazienti con livelli basali più elevati di GSH è stata osservata una diminuzione dei ROS e questi pazienti hanno avuto un decorso più breve della malattia. La diminuzione del GSH è stata associata a un aumento dei ROS e a sintomi più gravi [3].
In uno studio controllato è stato riscontrato che i soggetti con COVID-19 avevano una concentrazione RBC di GS totale e GS ridotto inferiore del 60%. Un altro studio è stato visto che i livelli di GSH avevano una relazione indiretta con la febbre e la durata del ricovero e una relazione diretta con la saturazione periferica di ossigeno SpO2 [5].In uno studio di meta-analisi più ampio, che ha coinvolto un totale di cinque studi randomizzati e controllati e 183 pazienti, la NAC ha ridotto la durata della degenza nell’unità di terapia intensiva nei pazienti con ARDS, ma non ha ridotto significativamente il rischio di mortalità a breve termine o la mortalità a 30 giorni. Inoltre, in uno studio clinico randomizzato che ha coinvolto 40 pazienti ventilati meccanicamente, quelli del gruppo NAC hanno registrato un aumento statisticamente significativo della saturazione di ossigeno rispetto al controllo [5].
Ancora, un recente studio clinico ha valutato la risposta all’integrazione dei precursori del glutatione glicina e cisteina sullo stress ossidativo, l’infiammazione e la disfunzione endoteliale nei pazienti con COVID-19, riscontrando risultati interessante sebbene inferiori rispetto all’integrazione con NAC e glutatione [5].
DI conseguenza, nonostante i risultati comunque eterogenei, sembra che una integrazione con glutatione possa avere un suo ruolo interessante nella gestione del COVID19, ma a tal proposito per ottenere un effetto clinicamente significato è fondamentale conoscere la strategia nutraceutica migliore, e quindi la biodisponibilità effettiva del prodotto.
Per questo occorre valutare complessivamente anche le evidenze che hanno confrontato l’efficacia delle diverse formulazioni di glutatione, dei suoi precursori e del NAC. Ad esempio, in un bellissimo studio del 2015, che ha confrontato la biodisponibilità, l’effetto sui marcatori dello stress ossidativo e la sicurezza del GSH sublinguale, la NAC e il GSH orale, è stato concluso che gli effetti della somministrazione di glutatione sublinguale (ad alta biodisponibilità) erano molto maggiori rispetto agli altri due gruppi testati [8].
CONCLUSIONI
I dati pubblicati ad oggi sembrano suggerire che la supplementazione con glutatione, specie le formulazioni ad alta biodisponibilità come il glutatione sublinguale, possano esercitare un effetto clinicamente significativo in alcuni pazienti covid e nel covid lungo. Proprio per questo motivo, parleremo in un prossimo articolo del concetto di biodisponibilità legato alle diverse formulazioni di glutatione disponibili in commercio.
Ciononostante, è bene sottolineare come sono necessari studi più approfonditi per approfondire quei fattori che possono migliorare il bilancio costi benefici di un eventuale protocollo personalizzato, come ad esempio i fattori genetici, come i polimorfismi di geni quali ad esempio GSTT1 e GSTM1.
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