In un precedente articolo, abbiamo parlato delle condizioni di eustress ossidativo e distress ossidativo, sottolineando come quest’ultime possano avere un impatto significativo sul nostro invecchiamento.

In tale articolo abbiamo sottolineato come, sebbene in condizioni fisiologiche, le specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto (ROS e RNS)  abbiamo numerosi ruoli biologici, entrando a pieno titolo nel novero delle molecole che ci servono per la nostra vita, un eccesso incontrollato di queste molecole, quando la loro produzione supera la capacità di neutralizzazione delle difese antiossidanti, si verifica uno stato di distress ossidativo che causa danni e morte delle cellule e, infine, disfunzioni degli organi.

Per questo quantificare o quantomeno stimare la produzione di queste molecole può essere un utilissimo strumento per la medicina della longevità. Esistono moltissimi marcatori biologici in grado di fornire utili informazioni sugli ossidanti e sugli antiossidanti, la cui valutazione è sicuramente consigliata, ma in quest’articolo vogliamo concentrarci su uno degli strumenti più utili, economici e diffusi per valutare le condizioni distress ossidativo, ovvero il d-ROMS test.

D-ROMS TEST NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE

L’aumento incontrollato dei livelli di ROS induce infiammazione, proliferazione e migrazione cellulare, apoptosi, fibrosi e rimodellamento della matrice extracellulare, che portano in sequenza all’alterazione delle strutture e delle funzioni vascolari [2, 3]. Proprio per questo, non è sorprendere notare come recentemente siano state evidenziate delle strettissime correlazioni tra stress ossidativo e disfunzione endoteliale in alcune condizioni cliniche correlate all’età come l’ipertensione sistemica, l’iperlipidemia; oltre che con alcuni tipi di abusi notoriamente dannosi per la salute come il fumo di tabacco [2, 3].

Nella disfunzione endoteliale mediata dai ROS, la limitata disponibilità di substrati e/o cofattori porta al disaccoppiamento dell’eNOS e in tali situazioni l’enzima produce superossido invece di NO, generando ulteriormente ONOO- [2, 3]. L’aumento dei livelli di ROS porta anche all’ossidazione del BH4, un cofattore dell’eNOS, provocando un ulteriore disaccoppiamento dell’eNOS (feedback positivo). Questi meccanismi si autopropagano, poiché i ROS generati dal disaccoppiamento dell’eNOS possono aumentare ulteriormente il livello di BH4 ossidato, aggravando così la disfunzione endoteliale [2, 3]. Per questo, gestire adeguatamente la produzione di queste molecole è importante per evitarne un aumento esponenziale, associato ad una perdita di controllo della bilancia ossidativa.

Ad oggi, esiste un utilissimo strumento per valutare la quantità di ROS e RNS che vengono prodotti a livello ematico, ovvero il test dei derivati-metaboliti reattivi dell’ossigeno (d-ROMs) [2, 3].

Il test si basa su due reazioni successive:

(i) i radicali si formano dai perossidi contenuti nel campione ossidando il ferro in un mezzo acido (reazione di Fenton);

(ii) i nuovi radicali formati ossidano la N,N-dietil-para-fenilendiamina, che si trasforma in un colore rosa con un’assorbanza massima a 505 nm. L’intensità del colore è proporzionale alla concentrazione di perossido.

Il test d-ROMs è stato adeguatamente validato utilizzando la risonanza di spin elettronico (ESR), il metodo gold-standard per la valutazione dei radicali liberi [2, 3]. Inoltre, i d-ROM hanno dimostrato una buona correlazione con altri biomarcatori di stress ossidativo, come l’8-isoprostano.

Il risultato del test viene visualizzato come “Unità Carratelli” (UCARR), che è un’unità arbitraria e 1 UCARR corrisponde allo sviluppo del colore causato da una soluzione di H2O2 a una concentrazione dello 0,08%. I valori attesi in un individuo sano sono compresi tra 250 e 300 UCARR, mentre valori più elevati denotano un eccesso di perossidi indicativo di un aumento sistemico dei livelli di ROS [2, 3]

Le evidenze attuali derivanti da studi clinici condotti su soggetti sani e non, sono state recentemente revisionate indipendentemente i due interessantissimi lavori di revisione sistematica della letteratura [2, 3], i risultati di tale ricerca suggeriscono che alti valori di d-ROM (specialmente questi superiori a 350-400 U-CARR) sono correlati a fattori di rischio CVD comuni e che, soprattutto, valori plasmatici di d-ROM elevati sono un predittore indipendente di eventi CVD e di mortalità, sia in individui con una storia nota o sconosciuta di CVD [2, 3].

Il vantaggio del test d-ROMs è che può essere facilmente eseguito in un analizzatore biochimico automatico standard, ma anche come test pungidito per prelievo capillare, facilitando così il suo utilizzo nella pratica clinica. Infatti, questo prelievo capillare fornisce il risultato in pochi minuti, consentendo di prendere decisioni cliniche tempestive [2, 3].

Presso il nostro studio, è possibile effettuare il d-ROMS test capillare e il PAT test in combinazione (valutando quindi contestualmente anche la quantità di antiossidanti idrosolubili ematici). Chiama il nostro studio al numero 02 688 3206 per ulteriori informazioni.

BIBLIOGRAFIA

  1. Galimberti D et al. Nutrigenomica e Epigenetica: dalla biologia alla clinica, 2017 Edra Ed.
  2. Hitomi Y, Masaki N, Ishinoda Y, Ido Y, Iwashita M, Yumita Y, Kagami K, Yasuda R, Ikegami Y, Toya T, Namba T, Nagatomo Y, Takase B, Adachi T. Effectiveness of the d-ROMs oxidative stress test to predict long-term cardiovascular mortality. Int J Cardiol. 2022 May 1;354:43-47. doi: 10.1016/j.ijcard.2022.03.001. Epub 2022 Mar 4. PMID: 35257723.
  3. Pigazzani F, Gorni D, Dyar KA, Pedrelli M, Kennedy G, Costantino G, Bruno A, Mackenzie I, MacDonald TM, Tietge UJF, George J. The Prognostic Value of Derivatives-Reactive Oxygen Metabolites (d-ROMs) for Cardiovascular Disease Events and Mortality: A Review. Antioxidants (Basel). 2022 Aug 9;11(8):1541. doi: 10.3390/antiox11081541. PMID: 36009260; PMCID: PMC9405117.