Il caso delle sorelle Cammalleri è molto particolare: entrambe le sorelle sono diventate supercentenarie.
Sussistono numerose ipotesi in grado di poter spiegare questo incredibile caso:
Come anche sottolineato da Sebastiani e collaboratori [2] dall’analisi del genoma di due supercentenari, si evince che diversi geni possano potenzialmente avere degli effetti pleiotropici, ovvero in alcuni casi aumentare il rischio di malattia in alcuni background genetici ed in altri invece incrementare la longevità.
Un’altra ipotesi potrebbe essere che le due sorelle abbiano ereditato dal padre alleli che le proteggevano dalle malattie legate all’età [3, 4].
La dieta delle due sorelle è risultata essere ricca in cibi tipici della dieta mediterranea e ricchi in composti funzionali, fra cui frutta e legumi, anche se nel complesso, la loro dieta non è risultata essere strettamente aderente alla dieta mediterranea tradizionale. Dagli anni Sessanta il consumo di carne, pesce, grassi e zuccheri è aumentato in modo significativo nelle regioni meridionali italiane, mentre è diminuito il consumo di derivati dei cereali (come pane e pasta), di verdure e di olio d’oliva. È probabile che durante questo periodo, sia avvenuto un cambiamento importante nella dieta delle due sorelle. Necessariamente, prima degli anni sessanta le opzioni nutrizionali erano rigorosamente stagionali e la quantità di cibo erano si sufficienti ma mai in sovrabbondanza. La dieta quindi era sostanzialmente monotona e spesso basata su legumi, verdura, derivati del grano e olio extravergine di oliva, tutti fattori che potenzialmente possono influenzare positivamente, a livello epigenetico, la longevità [4, 14].
L’analisi della composizione corporea ha rilevato la presenza di iperidratazione nel compartimento extracellulare di circa il 20-25% e di un valore di PhA (un valore che più è alto e migliore è la salute del soggetto, entro limiti fisiologici) tale da classificare le due sorelle come cachettiche. Questi dati sono in linea con quanto visto in precedenza nei centenari siciliani [4, 5].
Una diminuzione della FFM e un aumento della massa grassa è un fattore negativo in chiave antiaging, e spesso viene causato da disabilità e/o dell’inattività fisica complessiva. Per una delle due sorelle è stata osservata una percentuale di FFM sul peso perfettamente compresa nel range (63,1%); tuttavia i modelli attuali sono stati sviluppati partendo dalla misura diretta unicamente di reattanza e resistenza, di conseguenza tutte le altre misurazioni sono ottenute indirettamente tramite specifiche equazioni che potrebbero essere non adatte per un soggetto centenario [4, 6].
In relazione al BMI, di solito i centenari sono sottopeso ma, in questo caso, entrambe le sorelle avevano un BMI associato ad una situazione di normopeso, come anche la loro massa grassa, che era nella norma.
Questi dati sono interessanti considerando che le condizioni di sottopeso e sovrappeso, così come la riduzione o l’aumento della FM (rispetto al range normale), sono sfavorevoli per la longevità. È probabile che, in alcune persone, come le persone anziane, l’accumulo di grasso è stranamente associato alla longevità, da queste evidenze è nato il termine “paradosso dell’obesità”, che descrive una particolare correlazione inversa tra BMI e mortalità in questi soggetti. E’ importante notare che l’uso di valori dell’intervallo di riferimento per la popolazione generale potrebbe non essere adatto ai soggetti centenari, che hanno una composizione corporea diversa rispetto a tutti gli altri gruppi, giovani, adulti e anziani, a causa della comunque inevitabile riduzione della massa muscolare di questi soggetti [4].
Quello che appare chiaro quindi è che assicurare una corretta massa magra ed una corretta massa grassa, senza eccedere in eccesso o in difetto è di fatto sempre raccomandabile anche negli anziani [4].
Entrambe le sorelle Cammalleri avevano valori di TSH aumentati e di ormoni tiroidei normali, situazione che permette di ipotizzare un ipotiroidismo subclinico delle due sorelle [7]. Inoltre entrambe avevano una
dislipidemia e una ipoalbuminemia, entrambe situazioni associate all’ipotiroidismo appena descritto. Per questo motivo, alcuni autori hanno ipotizzato che una riduzione del metabolismo possa in una certa misura, essere un fattore positivo sulla longevità, ma ovviamente si tratta solo di ipotesi [4, 8].
Ancora, studi recenti hanno rivelato che l’invecchiamento umano è associato ad un particolare profilo di microRNA circolanti, i quali possono essere potenzialmente degli ottimi biomarkers predittivi del rischio di esiti avversi legati all’età. In particolare sono risultati caratteristici dei soggetti longevi particolari livelli di tre microRNA, mir-146-5p, mir-126-3p e mir-21-5p, tutti implicati nei fenomeni proinfiammatori, nella senescenza cellulare e nella genesi tumorale, tutti e tre caratteristici anche delle sorelle Cammalleri [9, 10]. Ancora, è interessante notare che mir-146-5p e mir-126-3p sono probabilmente coinvolti anche in disfunzioni endoteliali, suggerendo che quindi i portatori del profilo “positivo” sono in un qualche modo dotati di un fattore protettivo verso gli eventi avversi cardiovascolari [4, 9, 11]. Analizzando i dati pubblicati, è possibile ipotizzare che la prole dei semisupercentenari possa avere dei fattori protettivi e che questi siano tali da rendere l’“età epigenetica” di questi soggetti significativamente inferiore [4].
Concludendo, sembra che i supercentenari e i semi-supercentenari abbiano una “resistenza” aumentata alle malattie legate all’età [12]; ancora, l’infiammazione ed una cattiva o positiva gestione dello stress ossidativo si sono dimostrati essere non solo associati alla mortalità nei centenari, ma anche predittivi di tale evento, come dimostrato anche dai dati di questo importante studio [4, 13].
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