L’invecchiamento è guidato da alcuni segni o marcatori molecolari e clinici distintivi, tutti caratterizzati dalla loro capacità di soddisfare tre premesse fondamentali:

  1. la loro manifestazione è associata all’età,
  2. l’accelerazione dell’invecchiamento è mediato dalla accentuazione sperimentale di tali segni
  3. esiste una seria opportunità terapeutica di decelerare, arrestare o invertire l’invecchiamento mediante interventi terapeutici su di essi.

Sulla base della precedente definizione, sono stati identificati alcuni segni distintivi dell’invecchiamento:

  • instabilità genomica: quando si instaurano alterazioni nei processi di riparazione del danno al DNA nucleare e mitocondriale, l’accumulo di questi danni può portare ad una accelerazione del processo di invecchiamento.
  • logoramento dei telomeri: quando le estremità dei cromosomi, dette telomeri, li accorciano eccessivamente, alcune regioni del DNA codificante possono essere alterate e l’instaurarsi di questi fenomeni è associato ad un aumento dell’invecchiamento disfunzionale
  • alterazioni epigenetiche in siti chiave per il controllo di alcuni specifici metabolismi: le modificazioni epigenetiche, come la metilazione, di alcuni pathways metabolici possono indurre fenomeni biomolecolari a cascata che inducono un’accelerazione dell’invecchiamento disfunzionale
  • perdita della proteostasi: la proteostasi è quel fenomeno che permette agli organismi di “difendersi” dalle proteine che sono divenute disfunzionali, accumulando danni nella loro struttura. Quando questo meccanismo di difesa cellulare viene alterato si accumulano proteine disfunzionali, le quali inducono un alterazione dei processi di ossidazione, glicazi0one o ubiquitinizzazione che spesso formano aggregati come corpi di inclusione intracellulari o placche amiloidi extracellulari, i quali inducono diversi danni cellulari correlati all’invecchiamento e a diverse patologie legate all’età, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson e la cataratta, sono associati a un’alterazione dell’omeostasi proteica o della proteostasi
  • perdità di attivazione di macroautofagia: quando le cellule sono vecchie e disfunzionali, l’organismo necessita di eliminarle per recuperare i mattoncini di cui sono composte, per sintetizzare nuove cellule. Il processo appena descritto si chiama macroautofagia e viene indotto dall’attività fisica e dal digiuno (es il digiuno notturno). Quando questo meccanismo viene alterato, si accumulano cellule disfunzionali che possono portare ad un aumento dell’invecchiamento disfunzionale.
  • alterazioni nei processi di risposta cellulare all’assunzione di nutrienti: Esiste una complessa rete di segnali molecolari indotta all’assunzione di nutrienti (es zuccheri, proteine e grassi) e dai fattori di stress (es ipossia, mancanza energetica), in grado di modulare diversi processi cellulari fra cui dell’attività cellulare, compresa l’autofagia, la biogenesi dell’mRNA e dei ribosomi, la sintesi proteica, il metabolismo del glucosio, dei nucleotidi e dei lipidi, la biogenesi mitocondriale e l’attività proteasomica. L’attività di questa rete induce l’anabolismo se i nutrienti sono presenti e i fattori di stress è bassi, o al contrario induce le vie di difesa cellulari in risposta allo stress e alla carenza di nutrienti. Una over espressione di queste vie anaboliche nel paziente anziano può diminuire la durata della vita, come dimostrato indirettamente da numerosi studi che hanno valutato come una diminuzione dei componenti della rete di segnalazione dei nutrienti possa al contrario aumentare la durata della vita, anche in uomo.
  • instaurazione di disfunzione mitocondriale: Con l’invecchiamento, la funzione mitocondriale si deteriora a causa di molteplici meccanismi intrecciati tra loro, tra cui l’accumulo di mutazioni del mtDNA, una proteostasi carente che porta alla destabilizzazione dei complessi della catena respiratoria, un ridotto turnover dell’organello e cambiamenti nella dinamica mitocondriale. Questa situazione compromette il contributo dei mitocondri alla bioenergetica cellulare, aumenta la produzione di ROS e può innescare una permeabilizzazione accidentale delle membrane mitocondriali, causando infiammazione e morte cellulare. Logicamente, la funzione dei mitocondri è primordiale per il mantenimento della salute e il suo progressivo deterioramento contribuisce al fenotipo dell’invecchiamento.
  • aumento incontrollato della senescenza cellulare: La senescenza cellulare è una risposta cellulare indotta da un danno acuto o cronico. Nell’uomo, le cellule senescenti si accumulano in più tessuti a ritmi diversi, da 2 a 20 volte se si confrontano giovani (<35 anni) e anziani (>65 anni) sani. Questo processo, in una certa misura quindi fisiologico, interessa soprattutto fibroblasti, cellule endoteliali e cellule immunitarie, sebbene tutti i tipi di cellule possano andare incontro a senescenza durante l’invecchiamento. In molte malattie si verifica un accumulo focale o tessuto-specifico di cellule senescenti. La prova più convincente del ruolo causale della senescenza cellulare nell’invecchiamento è che l’eliminazione continua, genetica o farmacologica, delle cellule senescenti prolunga la durata della salute e la longevità dei topi naturalmente invecchiati. Inoltre, l’eliminazione genetica o farmacologica delle cellule senescenti è terapeutica in molte malattie modellate nei topi, e almeno 3 studi clinici sono stati completati e 15 sono in corso o pianificati per colpire la senescenza per una varietà di indicazioni in uomo.
  • esaurimento della riversa corporea e di tessuti chiave di cellule staminali: le cellule staminali sono quelle cellule che servono da rimpiazzo per le cellule che invecchiano nei tessuti. Quando la riserva tissutale di queste cellule diminuisce oltre un certo limite, le capacità di rigenerazione di quel tessuto diminuiscono e questo può portare ad un accelerazione dell’invecchiamento disfunzionale.
  • alterazione dei processi di comunicazione intercellulare: L’invecchiamento è associato a progressive alterazioni della comunicazione intercellulare che aumentano il rumore nel sistema e la comunicazione intercellulare che aumentano il rumore nel sistema e compromettono la regolazione omeostatica e ormonale. Pertanto, l’invecchiamento comporta carenze nelle vie di segnalazione neurali, neuroendocrine e ormonali, tra cui le vie di segnalazione ormonali, comprese quelle adrenergiche, dopaminergiche, basate sull’insulina e sull’IGF1, e i sistemi basati sull’insulina/IGF1 e sulla renina-angiotensina, così come gli ormoni sessuali ormoni sessuali e la perdita delle funzioni riproduttive. funzioni riproduttive.
  • instaurazione cronica non controllata di infiammazione cronica (inflammaging incontrollato): i processi di infiammazione cronica subclinica, indotti da condizioni di alterazione della bilancia ossidativa (distress ossidativo) inducono un incremento di quei fenomeni biochimici come la glicazione e l’ossidazione che corrodono i tessuti inducendo un aumento dell’invecchiamento disfunzionale. L’infiammazione cronica subclinica inoltre,  si verifica come risultato di molteplici squilibri che che derivano da tutti gli altri segni distintivi
  • disbiosi persistente: Un microbiota intestinale in salute è direttamente associato all’invecchiamento di successo e questo probabilmente è dovuto alle sue funzioni di regolazione dell’asse intestino-cervollo-sistema immunitario. Sebbene ad oggi i risultati degli studi condotti, abbiano concluso che il microbiota può essere soggetto ad un certo grado di variabilità in seguito alla regione geografica e agli individui stessi, esistono dei tratti comuni direttamente associati ad un aumento della durata della vita o ad una sua diminuzione, come il rapporto bacteroidetes/firmicutes. Ciò probabilmente è correlato ad un aumento nel sangue o nelle feci di alcuni metaboliti microbici come gli indoli derivati dalla degradazione batterica intestinale del triptofano e diversi prodotti di fermentazione della fenilalanina/tirosina, come il p-cresolsolfato, la fenilacetilglutammina e il p-cresolo glucuronico, e il p-cresolo glucuronide. Ad esempio è stato dimostrano che le concentrazioni fecali di p-cresolo di p-cresolo sono correlate a una maggiore fragilità e possono contribuire al declino al declino associato all’età in questa popolazione. Al contrario, le concentrazioni plasmatiche di alcuni metaboliti indolici sono correlate con con una migliore forma fisica negli adulti più anziani.

CONCLUSIONI

Ad oggi è ancora aperto il dibattito in letteratura scientifica in merito agli interventi  terapeutici per prolungare la durata della salute umana. SI sa ad esempio che sono sempre utili quelli basati sull’evitare i fattori ambientali che accelerano l’età (come l’inquinamento, lo stress, l’attività fisica inadeguata e le diete malsane, spesso inevitabili in un contesto di povertà, precarietà e tempo di guerra) e/o adottare i fattori dello stile di vita che promuovono la salute (come dieta, esercizio fisico, abitudini di sonno regolari e attività sociali). Ancora invece è da valutare in modo più approfondito l’efficacia e le casistiche a cui applicare interventi farmacologici, che per ora sembrano premiare in misura maggiore due elementi:

  1. la somministrazione di farmaci pleiotropici relativamente aspecifici (come ad esempio i precursori del NAD+, la metformina, la spermidina o gli inibitori di MTORC1)
  2. Gli interventi medici personalizzati sulla base del paziente, che noi applichiamo da anni per ogni paziente dello studio.

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BIBLIOGRAFIA

  1. Galimberti D et al. Nutrigenomica e Epigenetica: dalla biologia alla clinica, 2017 Edra Ed.
  2. Hallmarks of aging: An expanding universe. López-Otín C, Blasco MA, Partridge L, Serrano M, Kroemer G.