L’obesità è una condizione di rischio per la salute, caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo. Tale condizione è associato ad una generale riduzione della qualità della vita.
Da recenti evidenze pubblicate in letteratura scientifica, l’obesità emerge quindi sempre come un fattore di rischio indipendente per la salute, come dimostrato da un interessantissimo studio longitudinale condotto su oltre 4,4 milioni di persone [2].
Ciononostante, l’obesità non coincide obbligatoriamente con la ben nota sindrome metabolica, detta anche sindrome da insulino-resistenza o sindrome x, ovvero una condizione fisiopatologica caratterizzata dalla presenza contemporanea di più condizioni cliniche, tra le quali: ipertensione, glicemia alta a digiuno, dislipidemia (cioè livelli anomali dei lipidi nel sangue), obesità addominale [2].
Sebbene non esista una definizione standard, le persone obese metabolicamente sane (MHO) sono individui che, nonostante l’eccesso di adiposità, sono sensibili all’insulina, normotesi, hanno un profilo lipidico favorevole e presentano una quantità di grasso viscerale inferiore rispetto all’individuo tipico con comorbidità legate all’obesità [3, 4, 5]. Tuttavia, un vero fenotipo MHO, cioè l’assenza di fattori di rischio metabolici clinici e subclinici, è raro e rappresenta forse ≤6% di tutti gli adulti obesi [3, 4, 5].
I meccanismi alla base del fenotipo MHO devono ancora essere indubbiamente chiariti; e sebbene non vi sia unanimità, un fattore che potrebbe potenzialmente differenziare i MHO dagli obesi non sani, insieme alla conservazione della sensibilità all’insulina, è rappresentato da livelli più elevati di attività fisica e fitness [3, 17]. In effetti, l’attività fisica regolare ha un effetto “polipoide” che conferisce un potente effetto protettivo indipendente contro le condizioni cardiometaboliche lungo tutto l’arco della vita umana; attenua non solo i fattori di rischio CVD “tradizionali”, ma anche le alterazioni legate all’età e all’obesità, come l’iperattività del sistema nervoso simpatico [10, 17].
Anche se esistono risultati eterogenei in letteratura, le più recenti evidenze suggeriscono che gli individui MHO sono comunque a maggior rischio di mortalità prematura oltre che di diabete di tipo 2, insufficienza cardiaca e aterosclerosi subclinica rispetto alla popolazione adulta normopeso, suggerendo che essere un MHO non è in realtà esente da rischi [3, 17].
D’altra parte, diversi studi hanno riportato che, in seguito alla perdita di peso, gli individui MHO hanno migliorato significativamente la composizione corporea e i fattori di rischio cardiometabolico, così come la forma fisica quando l’intervento di perdita di peso è stato combinato con un intenso allenamento fisico [3, 17].
CONCLUSIONI
Sono indubbiamente necessarie ulteriori ricerche per chiarire i meccanismi alla base del fenotipo MHO e l’effetto della perdita di peso sulla salute cardiometabolica e sulla mortalità in questo segmento di popolazione. Ciononostante, è bene sottolineare che da quanto emerge in letteratura l’obeso metabolicamente sano non è affatto non a rischio, come dimostrano importanti evidenze epidemiologiche pubblicate nella più recente letteratura scientifica [2, 3, 5, 10, 17]. Proprio per questo motivo, anche se è ancora oggetto di dibattito scientifico se l’obesità o meno sia una malattia, sicuramente si tratta di un fattore di rischio per la salute cardiovascolare e metabolica.
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