Sono molte le persone che interrompono la dieta prima di completarla. Ancora di più quelle che perdono peso e poco dopo lo recuperano con gli interessi. Tanta fatica sprecata, tanto sacrificio inconcludente, tante aspettative deluse. E poi ogni nuovo tentativo deve recuperare il terreno perduto. Non bisogna mollare.

Occorre cambiare manovra d’attacco: la soluzione è la dieta comportamentale.

Che significa? Bisogna agire sul comportamento alimentare, sull’autocontrollo personale, sullo stile di vita a partire dalla storia del paziente, che è innanzitutto una persona con la P maiuscola.

Dieta comportamentale è agire sulle capacità e le motivazioni, attivare metodi di autocontrollo alimentare, passare dal cibo al vivere e dal vivere al cibo.

Basta schemi standard su cui appiccicare il nome del paziente o pastiglie magiche, basta pensare al sacrificio e alla privazione. Dieta comportamentale è mirare a vivere la dieta non come semplice privazione nutrizionale, bensì come un “regalo” che la persona che si fa per una vita migliore. Significa diventare protagonisti intelligenti delle proprie scelte alimentari, non vittime che han bisogno di sfogarsi nel mangiare.

Dimagrisce solo chi lo vuole, ma il punto non è la volontà ad attenersi a diete più o meno rigide. Si tratta della volontà a mettersi in gioco, della disponibilità a modificare il proprio stile di vita e le proprie abitudini, del desiderio di affrontare se stessi una volta per tutte. È un lavoro serio che si deve vivere con una mentalità positiva. Ad attenderci è una nuova qualità di vita, un benessere, una fiducia in se stessi che ricoloreranno le giornate.

L’impostazione di una dieta comportamentale, con un programma a breve, medio e lungo termine, non focalizzato unicamente sul calo ponderale, ma con l’obiettivo di abituare il soggetto a correggere le proprie abitudini alimentari scorrette e ad assestarsi su un proprio equilibrio psicologico, consente di evitare i numerosi fallimenti che generalmente si verificano.