La neuropatia è la complicanza più comune del diabete e colpisce circa la metà di tutti i pazienti con diabete mellito di tipo 1 o di tipo 2. Mentre gli studi sulla conduzione nervosa misurano la funzione delle fibre nervose di grande diametro, la neuropatia presente nel diabete precoce coinvolge tipicamente piccole fibre nervose. Queste fibre di piccolo diametro e non mielinizzate portano dolore e sensazione di bruciore, come se la temperatura nella zona fosse elevata. I pazienti con una neuropatia delle piccole fibre possono presentare dolore neuropatico e frequentemente hanno sintomi dovuti al coinvolgimento delle fibre autonomiche postgangliari. La tipica neuropatia diabetica lunghezza-dipendente progredisce nel tempo fino a coinvolgere fibre nervose mielinizzate di grande diametro. Ciò può portare a ulcere e amputazioni del piede, nonché a perdita di equilibrio posturale. Quindi, nella neuropatia diabetica il danno delle piccole fibre precede la disfunzione delle grandi fibre. Si pensa che ciò accada perché le piccole fibre non mielinizzate sono vulnerabili agli effetti degli squilibri metabolici. Tuttavia, hanno anche una maggiore capacità rigenerativa e sono più sensibili alla terapia rispetto alle grandi fibre mielinizzate. A causa della presenza di dolore neuropatico, sintomi autonomici e deficit sensomotori, i pazienti con neuropatia diabetica spesso riferiscono una ridotta qualità della vita, un sonno scarso e depressione [2].
Attualmente non esistono trattamenti per la neuropatia diabetica che si siano dimostrati efficaci in studi clinici randomizzati, in cieco [2]. Ciononostante alcuni studi hanno mostrato che diversi trattamenti, sia farmacologici che nutraceutici che sullo stile di vita, potrebbero dare beneficio a questi pazienti, se usati in modo oculato.
Il Diabetes Prevention Program ha dimostrato che un’attività fisica e un intervento dietetico possono ridurre l’incidenza del diabete di tipo 2 [3]. I cambiamenti dello stile di vita possono anche combattere alcuni degli effetti negativi del diabete e provocare perdita di peso, miglioramenti nel controllo glicemico, dislipidemia e pressione sanguigna e ridurre il tasso di eventi cardiovascolari e la mortalità associata. Tuttavia, l’impatto della dieta e dell’esercizio fisico sulla neuropatia diabetica è meno chiaro e mancano dati provenienti da ampi studi di controllo randomizzati, in cieco[2].
La fisiopatologia della neuropatia diabetica coinvolge l’iperglicemia persistente e molteplici percorsi biochimici che alla fine provocano distress ossidativo e infiammazione. Come accennato in precedenza, è stato dimostrato che il controllo intensivo del glucosio riduce il rischio di neuropatia nel diabete mellito di tipo 1. Ciononostante, mentre è stato dimostrato che i cambiamenti dello stile di vita prevengono o ritardano la diagnosi del diabete mellito di tipo 2 e delle sue complicanze, non è stato dimostrato che il solo controllo del glucosio riduca il rischio di neuropatia nel diabete mellito di tipo 2, a ulteriore riprova che questi trattamenti posso essere utili solo se vi è una anamesi approfondita del clinico [2].
Le condizioni di distress ossidativo, sono coinvolte nella genesi di reazioni di infiammazione subclinica le quali sono associate alla genesi o alla sintomatologia di molte patologie, da quelle cardiovascolari, a quelle metaboliche, finanche a fibromialgia, sindrome del colon irritabile e MCS, fra queste anche la neuropatia diabetica. Proprio per questo, alcuni possibili trattamenti nutraceutici, nonché modifiche dello stile di vita e dell’alimentazione tout court sono stati testati in letteratura scientifica, come riportiamo qui di seguito.
NEUROPATIA DIABETICA E INTERVENTI DIETETICI
Il Diabetes Control and Complications Trial nello specifico ha mostrato che il controllo intensivo del glucosio ha ridotto la prevalenza della neuropatia autonomica cardiaca nei pazienti con diabete mellito di tipo 1 del 53% rispetto alla terapia convenzionale e anche nel lungo periodo la prevalenza e il rischio di ricadute erano significativamente inferiori rispetto ai controlli [2, 4, 5]. Ancora, è stato dimostrato che uno stretto controllo dei valori di glicemia riduce il rischio di sviluppare neuropatia autonomica cardiaca nel diabete mellito di tipo 1. Tuttavia, i benefici non sono così chiari per i pazienti con diabete mellito di tipo 2 e l’effetto benefico del controllo glicemico intensivo sulla neuropatia autonomica cardiaca nel diabete mellito di tipo 2 non è stato dimostrato [2].
I dati in letteratura, indicano che le diete ricche di grassi possono provocare neuropatia nel diabete e che sospendere o manipolare in altro modo una dieta ricca di grassi può ridurre la neuropatia [6, 7, 8]. Solitamente, queste diete possono causare un aumento delle condizioni di distress ossidativo e queste a loro volta potrebbero spiegare queste associazioni rilevate, dato che al di fuori di contesti professionali le diete ricche in grassi sono spesso anche ricche in grassi proinfiammatori come quelli saturi di origine animale.
Basandosi su queste evidenze i ricercatori hanno cercato di valutare se eventuali integrazioni con molecole antiossidanti o con alcune vitame potesse effettivamente fornire un aiuto sintomatologico e i risultati ottenuti sembrano interessati:
l’acido alfa-lipoico (ALA) sembra essere efficace, come suggeriscono studi clinici controllati inclusi da una recente revisione sistematica condotta sul tema, avendo un potenziale beneficio sul quadro sintomatologico [2, 9, 10]. Uno studio di intervento nutrizionale in soggetti con diabete mellito di tipo 1 ha esaminato l’integrazione con acidi grassi polinsaturi omega-3, scoprendo che dopo 12 mesi i pazienti avevano un aumento della lunghezza delle fibre nervose corneali, un indicatore della gravità di neuropatia delle piccole fibre nervose [2, 11, 12].
Ancora, un’ altro integratore alimentare che può migliorare o prevenire la neuropatia autonomica diabetica è la nicotinamide riboside, precursore di nicotinamide adenina dinucleotide (NAD+). NAD+ è un metabolita chiave nel metabolismo energetico ed è direttamente implicato nella catena di trasferimento di elettroni nei mitocondri, il processo tramite il quale avviene la produzione di energia nei processi metabolici aerobi. I livelli di NAD+ sono ridotti nei neuroni dei soggetti diabetici e alti livelli di NAD+ possono prevenire il danno ossidativo nei neuroni [2]. Inoltre, l’aumento dei livelli tissutali di NAD+ attiva l’espressione di percorsi molecolari che proteggono dall’obesità e dalla dislipidemia [2, 13]
Ciononostante quello che sembra essere davvero efficace sono gli interventi che lavorano su più fronti: Nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, lo studio Steno 2 ha utilizzato un trattamento multidisciplinare che comprendeva: modifica dello stile di vita e terapia farmacologica, che ha ridotto il rischio di neuropatia autonomica cardiaca del 60% nel diabete mellito di tipo 2 rispetto alla terapia convenzionale[2].
NEUROPATIA DIABETICA ED ESERCIZIO FISICO
Ci sono prove che l’esercizio fisico può prevenire e curare la neuropatia dovuta a prediabete e diabete. Uno studio italiano sul tapis roulant della durata di 4 anni ha randomizzato pazienti con diabete ma senza neuropatia e li ha sottoposti ad un intenso programma di esercizi aerobici. Il gruppo dei casi ha mostrato dei miglioramenti significativamente la loro capacità di esercizio e c’è stato un miglioramento anche della velocità di conduzione nervosa. Le valutazioni della neuropatia delle piccole fibre non sono state incluse in questo studio, ma il gruppo di esercizi è risultato quello associato alla minore probabilità di sviluppare segni o sintomi di neuropatia durante i 4 anni di durata dello studio [2, 14].
L’effetto dell’esercizio sulla lesione delle piccole fibre, misurato dalla variazione della IENFD, nel diabete mellito di tipo 2 è stato esaminato da uno studio dell’Università dello Utah in uno studio randomizzato. Dopo l’intervento di 1 anno, i partecipanti al gruppo di esercizi hanno avuto un IENFD significativamente aumentato alla gamba distale rispetto ai soggetti di controllo, che hanno ricevuto solo una consulenza sanitaria generale. Ciononostante, non è stato riscontrato nessun cambiamento significativo nei loro parametri metabolici, a parte un miglioramento dell’HDL [2, 15].
I risultati di questi due studi suggeriscono che l’esercizio esercita un beneficio diretto sui nervi periferici che è indipendente dai cambiamenti nelle misure standard del metabolismo. Supportano anche il ruolo potenziale di un intervento sullo stile di vita nella prevenzione della neuropatia diabetica. Tuttavia, quest’area richiede ulteriori ricerche per validare questi dati ed inoltre è chiaro che l’approccio migliore non è ridurre tutto ad un’unica terapia, ma adottare un approccio multidisciplinare [2].
D-ROMS + PAT TEST
I dati in letteratura scientifica dimostrano come il distress ossidativo abbia un ruolo nella neuropatia diabetica e per questo le fonti alimentari di antiossidanti possono svolgere un ruolo nel trattamento efficace della neuropatia diabetica.
Il test dei metaboliti reattivi dell’ossigeno (d-ROM) può quantificare lo stato di stress ossidativo misurando gli idroperossidi ed è stato introdotto per analizzare i loro livelli nel siero o nel plasma. Questo test si basa sul principio che gli ioni ferro rilasciati dalle proteine sieriche in condizioni acide (pH 4,8) stimolano la conversione degli idroperossidi in radicali alcossilici e perossilici, che successivamente reagiscono con il cromogeno dietil p-fenilendiammina cloridrato. Questo test è un modo semplice e facile per rilevare gli idroperossidi ed è possibile eseguire questo test presso il nostro studio.
Ancora il PAT (plasma antioxidant test), permette di valutare invece la quantità di antiossidanti ematici e l’insieme di questi due dati permette di poter valutare l’eventuale presenza di condizioni di distress ossidativo, importanti in questi casi per poter raccogliere ulteriori indizi utili a poter comprendere meglio i processi di demielinizzazione in questi casi, oltre che essere molto utili in altri contesti, come la fibromialgia e l’MCS, per poter comprendere se un miglioramento del potere antiossidante o una riduzione dell’eccesso di radicali liberi ematici possa effettivamente essere di beneficio per la sintomatologia di questi pazienti.
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