L’età media di vita, nei paesi industrializzati, è aumentata progressivamente. Si vive di più…
Ma non basta allungare il tempo di vita se questo tempo è solo il teatro di un declino psico-fisico costante.

Noi vogliamo vivere di più: più tempo e più intensamente, non solo sopravvivere per un maggior lasso di tempo. Un tempo svuotato di forze e possibilità.

Questo innalzamento della speranza di vita ha comportato una crescita nella prevalenza e nell’incidenza delle malattie cronico-degenerative, quali la demenza o l’infarto del miocardio.

Fortunatamente recenti progressi nei campi della genomica, della proteomica e dell’informatica applicata alla medicina stanno portando alla scoperta di nuovi marcatori biologici associati a queste malattie.
In linguaggio semplice potremmo dire che esistono dei segnali, dei lampeggianti che possono essere impiegati come “indicatori di rischio” per una determinata malattia.

La predizione di un rischio di malattia ci porta in un campo emergente della medicina del terzo millennio chiamata medicina personalizzata.

Oggi il medico, grazie all’uso di appropriati marcatori biologici, non solo genetici, si trova nella condizione di poter anticipare la malattia e agire prima che questa si manifesti clinicamente in soggetti predisposti.

Noi lo siamo?

L’individuazione della predisposizione diventa quindi oggi un punto di forza poiché è possibile nei soggetti predisposti attuare pratiche di prevenzione primaria, secondaria o terziaria allo scopo di annullare il rischio di malattia o di ritardarlo di molti anni.

  • La prevenzione primaria riduce il rischio di malattia diminuendo l’esposizione del soggetto agli agenti che la causano.
  • La prevenzione secondaria grazie alla diagnosi precoce e alla terapia applicata agli stadi iniziali della malattia riduce la prevalenza clinica di una data malattia.
  • La prevenzione terziaria migliora la qualità della vita del soggetto ammalato ritardandone la disabilità.
E’ importante non solo individuare le singole variabili di rischio, ma anche la loro interazione in associazione con la malattia. La ricerca dell’interazione fra le variabili per il decadimento cognitivo e la demenza ci ha permesso di sviluppare una carta del rischio per queste due condizioni patologiche che ha una sensibilità e una specificità superiore al 75% L’applicazione dell’elaborazione statistica derivata dalle reti neurali ci ha poi permesso di selezionare le variabili rilevanti per il decadimento cognitivo e per la demenza. I dati di questo studio sono stati oggetto di relazioni congressuali sia in Italia che all’estero.
In base alla presenza delle diverse variabili sia genetiche sia biochimiche è possibile, grazie all’applicazione di un algoritmo brevettato, assegnare al singolo individuo un punteggio che lo colloca in una determinata categoria di rischio.

Ciascun soggetto sarà valutato con variabili cliniche e di laboratorio e con il suo status genomico.
Gli esami genetici sono importanti poiché sono una delle componenti della carta del rischio, risultano specialmente utili per i soggetti con familiarità positiva.

  • Ai soggetti sani con rischio intermedio e alto, come determinato dall’applicazione della carta del rischio, saranno proposte terapie o protocolli atti a diminuire il peso delle singole variabili di rischio al fine di ridurre il rischio complessivo individuale.
  • Nei soggetti con deficit cognitivo documentabile o con diagnosi clinica di demenza saranno proposte terapie o protocolli atti a diminuire il peso delle singole variabili di rischio per diminuire la probabilità di progressione del deficit in atto.

Tutti i soggetti e i pazienti saranno seguiti con visite periodiche onde accertare l’efficacia del cambiamento di stile di vita e delle eventuali terapie iniziate, così come con esami periodici per il controllo della risposta terapeutica.

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