L’invecchiamento e l’eccesso di grasso viscerale sono fortemente interconnessi!

Infatti, proprio per questo la comunità scientifica ha coniato il termine adipaging, che di fatto descrive l’insieme di tutti quei processi biologici che correlano invecchiamento e obesità dal punto di vista fenotipico.

Questa correlazione è tanto forte che, secondo recenti stime scientifiche, l’obesità riduce l’aspettativa di vita di 5,8 anni negli uomini e di 7,1 anni nelle donne dopo i 40 anni [3].

Ma quali sono gli aspetti biomolecolari che correlano invecchiamento e eccesso adiposo? In questo articolo svisceriamo questo tema, cercando di rendere comprensibile un tema molto complesso, anche ai non addetti ai lavori.

MECCANISMI BIOMOLECOLARI

I due principali fattori che accomunano invecchiamento e obesità sono: le condizioni di eccessivo stress ossidativo, a sua volta legato ad una eccessiva produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) generate dalle ossidazioni biologiche, e l’infiammazione cronica. Ancora, esistono numerosi effetti epigenetici che giustificano gli effetti negativi dell’obesità sull’invecchiamento.

ADIPAGING E INFIAMMAZIONE

Indagare gli effetti biomolecolari che legano l’infiammazione e le specie reattive dell’ossigeno è centrale per capire gli effetti molecolari dell’adipaging.

Oltre ad attivare il gene oncosoppressore p53, i ROS in eccesso e non controllati causano danni ai telomeri [2, 4] e producono danni strutturali cumulativi alle macromolecole, inducendo così disfunzioni cellulari e infine la morte cellulare [2, 5]. Esperimenti sui topi suggeriscono che l’obesità aumenta proprio la formazione di ROS negli adipociti, tanto da indurre l’accorciamento dei telomeri e, in ultima analisi, la soppressore di p53, l’infiammazione e la promozione dell’insulino-resistenza  [2, 6].

Lo stato infiammatorio legato all’obesità o ad un eccesso di grasso, soprattutto viscerale,è caratterizzato da un aumento delle concentrazioni di citochine infiammatorie e dall’infiltrazione di macrofagi attivati e proinfiammatori nel tessuto adiposo, anche quello sottocutaneo [2].

Negli anziani obesi, livelli più elevati di adiposità sono associati a livelli più elevati di marcatori infiammatori nel sangue, come l’antagonista del recettore dell’interleuchina IL1 (IL-1RA), l’IL-6, il TNF-α e la proteina C-reattiva  [2, 8, 9]. Sebbene il ruolo dei ROS nell’invecchiamento sia in fase di riconsiderazione, uno dei principali segni distintivi di questo processo naturale è l’alterazione della comunicazione intercellulare o “inflammageing“, ossia un fenotipo pro-infiammatorio che accompagna l’invecchiamento [2].

Il fenotipo proinfiammatorio correlato all’invecchiamento può derivare da molteplici cause, tra cui l’accumulo di danni tissutali pro-infiammatori, un sistema immunitario disfunzionale incapace di combattere efficacemente gli agenti patogeni, la propensione delle cellule senescenti a secernere citochine pro-infiammatorie, l’aumento dell’attivazione di NF-κB e la diminuzione dell’autofagia [2].

Ulteriori ricerche potrebbero chiarire altre alterazioni biologiche comuni che collegano invecchiamento e obesità. In particolare, dati recenti mettono in relazione una dinamica e un’architettura mitocondriale disfunzionale con l’apporto eccessivo di nutrienti e l’obesità che sono caratteristiche comuni anche nelle principali malattie legate all’età [2, 10].

MECCANISMI EPIGENETICI: SIRT1 e disfunzione metabolica

Oltre ai fenomeni di natura biochimica, l’obesità e l’invecchiamento possiedono anche numerosi meccanismi epigenetici in comune, i quali hanno effetti negativi sul metabolismo e ostacolano la promozione della longevità e di un invecchiamento di successo [2, 11].

Nello specifico sembra che esista una sovrapposizione fra obesità e aging anche per quanto riguarda importanti modificazioni epigenetiche, per lo più correlate a fenomeni di deacetilazione di numerosi substrati, come il recettore-1α del perossisoma proliferatore attivato (PGC-1α), la forkhead box O3 (FOXO3), la proteina tumorale p53 (p53), il fattore nucleare NF-κB e SIRT1. Questi fenomeni epigenetici nel loro insieme possono modulare negativamente tre fenotipi chiave quali la funzione mitocondriale, l’apoptosi e l’infiammazione, oltre che avere ripercussioni negative sulla regolazione dei ritmi circadiani [2, 12].

Parleremo in modo più approfondito di questo tema in un prossimo articolo, ma per far comprendere ai lettori come queste modificazioni epigenetiche possono influenzare negativamente l’invecchiamento esponiamo il caso di una delle modificazioni epigenetiche maggiormente significative: quella che coinvolge la proteine SIRT1.

La SIRT1 è aumentata dalla restrizione calorica e ridotta dalla sovralimentazione, e a sua volta aumenta la leptina e la sensibilità all’insulina [13]. Tale molecola svolge inoltre un ruolo importante nel metabolismo degli adipociti. Negli adipociti bianchi, SIRT1 aumenta la mobilizzazione dei grassi reprimendo l’attività trascrizionale del recettore attivato del perossisoma proliferatore-γ (PPAR-γ)  e protegge le cellule dall’insulino-resistenza indotta dal fattore di necrosi tumorale (TNF)-α. SIRT1 agisce anche come modulatore dipendente dai nutrienti dell’infiammazione associata all’obesità nel tessuto adiposo [2].

Un recente rapporto ha mostrato una relazione inversa tra i livelli di SIRT1 nel tessuto adiposo e l’infiammazione in questo tessuto, per cui la soppressione di SIRT1 ha portato all’infiammazione e all’infiltrazione di macrofagi, mentre la sovraespressione di SIRT1 ha impedito questi cambiamenti, suggerendo così che SIRT1 è un regolatore chiave del contenuto di macrofagi nel tessuto adiposo in condizioni di obesità e ipernutrizione; inoltre, l’ablazione genetica di SIRT1 specificamente dal tessuto adiposo ha determinato un aumento dell’adiposità e una predisposizione alla disfunzione metabolica, con studi di espressione genica che hanno dimostrato che l’attività di SIRT1 è necessaria per proteggere il tessuto adiposo dai cambiamenti trascrizionali che portano all’obesità e all’insulino-resistenza [2]. Ancora, una dieta ad alto contenuto di grassi induce la scissione di SIRT1 nel tessuto adiposo da parte della caspasi-1, attivata dall’infiammazione, fornendo un legame meccanicistico ed epigenetico tra l’assunzione di nutrienti in eccesso e la predisposizione alla disfunzione metabolica [2, 14].

D’altra parte, l’invecchiamento è caratterizzato da uno stato pseudo-ipossico che porta a una diminuzione del NAD+ e a una bassa attività di SIRT1, in particolare a livello ipotalamico, che a sua volta promuove la resistenza alla leptina e l’aumento dell’adiposità, mentre la restrizione calorica e l’esercizio fisico stimolano l’attività di SIRT1.

Di conseguenza, è ormai chiaro che gli attivatori di SIRT1 migliorano la salute e prolungano la durata della vita, sicuramente nei topi alimentati con una dieta ipercalorica o normale, ma molto probabilmente anche in uomo.

BIBLIOGRAFIA

  1. Galimberti D et al. Nutrigenomica e Epigenetica: dalla biologia alla clinica, 2017 Edra Ed.
  2. Pérez LM, Pareja-Galeano H, Sanchis-Gomar F, Emanuele E, Lucia A, Gálvez BG. ‘Adipaging’: ageing and obesity share biological hallmarks related to a dysfunctional adipose tissue. J Physiol. 2016 Jun 15;594(12):3187-207. doi: 10.1113/JP2716 91. Epub 2016 May 10. PMID: 26926488; PMCID: PMC4908019.
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  12. Gillum MP, Kotas ME, Erion DM, Kursawe R, Chatterjee P, Nead KT, Muise ES, Hsiao JJ, Frederick DW, Yonemitsu S, Banks AS, Qiang L, Bhanot S, Olefsky JM, Sears DD, Caprio S & Shulman GI (2011). SirT1 regulates adipose tissue inflammation. Diabetes 60, 3235–3245.
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